Ministro Foti: «Noi con Kiev, ma l'Europa non allarghi il solco con gli Stati Uniti»
14 marzo 2025
(intervista del Corriere della Sera al Ministro Tommaso Foti)
Nessun abbandono dell'Ucraina al suo destino. Anzi, l'astensione di Fratelli d'Italia sulla mozione del Parlamento europeo che attacca gli Usa e impegna a difendere Kiev fino all'ultimo significa «esattamente il contrario».
Tommaso Foti, ministro per gli Affari europei, coesione e Pnrr, cosa significa?
«Noi abbiamo sostenuto l'Ucraina dal primo momento, anche quando eravamo opposizione. Adesso lo facciamo cercando di evitare di ampliare il solco tra Usa ed Europa con documenti che sembrano fatti per rompere anziché per ricomporre».
Una posizione l'Europa deve pur prenderla.
«Certo, ma occorrono sforzi diplomatici per tenere assieme i Paesi che hanno aiutato l'Ucraina a respingere l'aggressione russa. Se ci spacchiamo non si fa un favore a Zelensky, ma solo a Putin».
Ma il nostro governo non sembra troppo preoccupato di non dispiacere Trump, con i suoi stop and go continui e metodi brutali?
«Trump vuole portare al tavolo le parti in conflitto e il suo metodo è usare bastone e carota. Lo fa a modo suo, ma questa è la sua strategia. Per ora i suoi metodi si sono visti con Zelensky, adesso aspettiamo di capire cosa farà con Putin. E secondo noi non era il caso di mettere al voto un documento così duro».
Non crede che l'Ue debba fare anche la faccia feroce per contare? Infatti si è appena votato il piano ReArm Europe, e non si è cambiato nome in Defend Europe come volevate voi.
«Ed è un errore anche questo, perché stiamo prendendo decisioni che devono essere filtrate all'opinione pubblica e ben comunicate. Il messaggio che andava dato è che si pensa a un piano per una difesa europea, non per un mero riarmo. Perché in sostanza è esattamente di difesa che si parla, e una formulazione diversa sarebbe stata molto più calzante».
Domani il premier inglese Starmer ha indetto un summit in video-collegamento con i leader dei maggiori Paesi europei: la presidente del Consiglio deve partecipare o no?
«Dipende dal perimetro delle discussioni. Noi non siamo mai mancati quando si è parlato di Ucraina, ma è cosa diversa se l'argomento principe è l'invio di truppe europee, e quindi anche italiane, in missioni dal mandato non chiaro e che rischiano di essere inefficaci. A questo siamo contrari, e lo abbiamo detto più volte, mentre pensiamo che sia possibile, a conflitto concluso, estendere l'articolo 5 del Trattato Nato che prevede l'intervento se uno dei Paesi partner è attaccato, anche se l'Ucraina non farebbe parte della Nato. Oppure, in futuro, siamo disponibili a missioni sotto mandato Onu. Non si possono cercare soluzioni operative prima che la tregua e la pace, che sono il fatto primario, siano raggiunte».
Intanto avete un grosso problema: la maggioranza è divisa, la Lega è contraria al ReArm Europe, FI è favorevole a tutto. Meloni andrà in Parlamento martedì e si voterà: come ne uscite?
«Non è una novità che al Parlamento europeo si voti in modo differente, ma in tutti i voti nel Parlamento italiano non ci siamo mai divisi, e così sarà anche stavolta. Mi pare più divisa l'opposizione, addirittura il primo partito dell'opposizione al suo interno».
Sì, ma è il governo che deve prendere decisioni sul ReArm Ue, non l'opposizione: come farete?
«Sul piano von der Leyen dobbiamo distinguere: noi abbiamo sempre detto che le spese per la difesa vanno estrapolate dal patto di Stabilità, e benvenuta Europa che finalmente ci arriva. Così come siamo contrari a che si distolgano fondi di coesione, almeno non lo faremo noi. Poi altri perimetri della discussione vanno calati nel concreto. Per ora c'è quello finanziario, gli 80o miliardi, ma bisognerà vedere come si declineranno queste spese. Perché in ogni caso si tratta di debito, che ha un peso, soprattutto per Paesi come l'Italia».
Insomma avete dubbi anche voi su ReArm Europe?
«Nessun dubbio di principio, è giusto pensare a rafforzare la nostra difesa, perché o si fa o semplicemente si resta senza, bisogna prendere atto dei cambiamenti sul piano internazionale. È una necessità, non un capriccio».
È questo il possibile punto di incontro con la Lega per una risoluzione comune?
«È il buonsenso. Non ci si difende senza spesa, che deve però essere valutata e calata in progetti concreti. Siamo all'inizio. C'è la cornice, ora andrà riempita di contenuti».
(intervista di Paola Di Caro - Corriere della Sera)