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Rassegna Stampa

Ministro Foti: "Italia al fianco dell'Ucraina la posizione non cambierà"

(intervista della Stampa al Ministro Tommaso Foti)

Per parlare dell'incontro tra Donald Trump e Vladimir Putin in Alaska, Tommaso Foti vuole partire dalla videoconferenza di mercoledì tra il presidente americano, i leader europei e Volodymyr Zelensky: «E stata molto proficua perché sono stati condivisi da tutti i partecipanti tre obiettivi di fondo: prima di tutto il cessate il fuoco». Il secondo, continua il ministro degli Affari europei e il Pnrr, è che «nessuno oltre l'Ucraina può negoziare ciò che la riguarda. Il terzo obiettivo è la disponibilità degli Stati Uniti di condividere con l'Europa gli sforzi che dovranno essere fatti per rafforzare le condizioni di sicurezza quando si sarà ottenuta una pace duratura e giusta per l'Ucraina». 

Intanto Bruxelles prepara un nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia, è il segnale che l'Europa non si fida di Putin? 
«Fa parte della politica che l'Europa ha assunto in questa vicenda fin dall'inizio, e l'Italia ha sempre svolto un ruolo ben chiaro e di pungolo. Vorrei ricordare che siamo arrivati al diciottesimo pacchetto di sanzioni, la strada decisa dall'Ue ha avuto un effetto indiretto anche su Trump perché i dazi americani al 50% sull'India sono un messaggio a Putin, come ritorsione sull'acquisto di Delhi del petrolio russo». 

Lei crede alla disponibilità apparente di Putin o è tutto un bluff?
«Bisogna vedere se effettivamente c'è la volontà di chiudere la guerra con una pace giusta, o se invece mira a una resa incondizionata, il che vorrebbe dire nessuna pace». 

Non teme che Trump possa trovare un accordo con la Russia indipendentemente dagli impegni presi con l'Unione europea e con Kiev?
«Invece di fare retroscena aspetterei di vedere la scena, in una fase delicatissima non possiamo discutere con i se, i ma o i condizionali. Il messaggio europeo lanciato alla videoconferenza di mercoledì è chiaro così come quello di Trump, che l'ha definito un vertice da 10+». 

L'Italia si ritrova nella linea europea o potrebbe scegliere di supportare Trump nel caso ci fosse uno strappo? 
«La posizione dell'Italia sull'Ucraina è quella assunta da Fratelli d'Italia quando era all'opposizione e non è mai cambiata in questi anni: a fianco dell'Ucraina e del suo popolo che è stato invaso dalla Russia». 

E' sicuro che la premier Giorgia Meloni rinuncerebbe al suo rapporto con Trump qualora gli Usa prendessero un'altra strada sull'Ucraina? 
«Non vedo per quale ragione dobbiamo ipotizzare che gli Stati Uniti prendano un'altra strada, visto che è stato assunto e sottoscritto un impegno diverso». 

Quindi lei confida in questo fronte comune tra Europa e Washington sull'Ucraina. 
«Vedo che ci sono delle assonanze che in passato non si erano registrate, e penso che una volta stabiliti i termini del confronto, l'incontro a due non potrà non essere esteso ad altri interlocutori, a partire da Zelensky». 

Roma potrebbe essere la sede ideale in cui organizzare il vertice a tre? 
«Il primo passaggio è che le cose vadano in una direzione positiva e condivisa dall'Ucraina, se si va a un incontro a tre non è determinante il luogo, ma quello che ne scaturisce. E noi continueremo a batterci perché dietro una pace giusta per Kiev ci sia anche una difesa dei confini europei. Non possiamo ignorare la tensione che c'è nei Paesi baltici che hanno il timore di poter essere i prossimi ad essere invasi da Mosca». 

Ministro, parliamo di Pnrr. A settembre presenterà l'ultima revisione del piano, c'è la possibilità che l'Italia decida di rinunciare ad alcuni miliardi invece di spenderli ad ogni costo? 
«Non abbiamo intenzione di rinunciare alle risorse, la revisione di settembre verrà realizzata spostando su altri fondi gli interventi che non potranno essere completati entro agosto 2026». 

Il governo ha annunciato che le risorse liberate dalla revisione del Pnrr potrebbero essere utilizzate per aiutare i settori più colpiti dai dazi. Servirà però una deroga della Commissione europea sulla normativa degli aiuti di Stato? 
«I dazi americani si applicheranno a tutte le imprese europee, perciò pensiamo che sia in primo luogo l'Europa a farsi carico di questo problema. Comunque, ogni misura che il governo italiano intende assumere va definita in sede europea perché dobbiamo evitare la mannaia degli aiuti di Stato, non possiamo rischiare l'autogoal di dover restituire i soldi». 

E quindi cosa può fare il governo? 
«Noi riteniamo che servano misure strutturali per rendere competitive le nostre imprese e che sia fondamentale promuovere la produttività con un investimento sulle nuove competenze, che consenta di riqualificare il personale. Su questo potremmo non aver bisogno del via libera preventivo della Commissione». 

Sui dazi il governo si aspettava un trattamento migliore da parte di Trump? 
«Per la sinistra la colpa è sempre e comunque del presidente Meloni, è un modo per far dimenticare le proprie azioni perché per mesi le opposizioni hanno urlato che la competenza dei dazi era europea e solo l'Europa doveva occuparsene. Ma è il Pd che ha votato Von der Leyen presidente della Commissione sia nel 2019 che nel 2024». 

(intervista di Luca Monticelli, La Stampa)