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Rassegna Stampa

"Un PNRR per la difesa? Pensiamoci. Cruciale togliere le spese dal Patto"

(intervista del Corriere della Sera al Ministro Tommaso Foti)

La solidarietà al capo dello Stato. La grande soddisfazione per aver ottenuto «quello che FdI chiede da anni»: l'esclusione delle spese per la difesa dal Patto di stabilità. E una riflessione - quella del ministro per gli Affari Europei e l'attuazione del Pnrr Tommaso Foti - per niente carezzevole sull'Europa, che deve fare una seria autocritica - come «dice anche Draghi» - sulla difficile situazione in cui si trova come peso geopolitico mondiale.

Ancora si sente l'eco dell'attacco della portavoce russa a Mattarella.
«C'è stata una solidarietà piena e completa per una presa di posizione del tutto irricevibile. Il capo dello Stato ha preso una posizione condivisibile al cento per cento».

La voce della Lega è stata flebile...
«Ha parlato Giorgia Meloni. Rappresenta il governo».

Intanto Trump chiede che si aumenti la spesa per la difesa. Possiamo farlo?
«L'Europa sapeva e sa che l'attuale situazione geopolitica impone un livello superiore di spesa e la presidente von der Leyen ha fatto una proposta che da anni noi di FdI prospettavamo: se si vogliono fare avanzamenti nella difesa, si devono escludere quelle spese dal patto di Stabilità e crescita. Sarebbe una vittoria della ragione, oltre che del realismo, e una grande vittoria politica e diplomatica del governo Meloni. Far rientrare le spese della difesa nel patto di Stabilità ridurrebbe la possibilità per gli Stati di impegnarsi in quelle sacrosante per istruzione, salute e welfare».

Sperate anche in un Pnrr per la difesa?
«Si può certamente verificare la possibilità di individuare e istituire strumenti finanziari comuni, ma al momento l'importante è che si ragioni in chiave di esclusione di spese dal Patto, o l'Europa rischia di rimanere al palo. Ed è importante consentire progetti di difesa che poi siano necessari a tutti i Paesi europei».

L'Europa, dopo l'irruzione di Trump, sembra isolata. E così?
«L'Europa sa benissimo che deve riposizionarsi su molte questioni. La nostra competitività oggi è fortemente a rischio, non si devono più fare interventi sparsi in mille rivoli, ma trasformare i nostri Paesi in una potenza economica e politica che deve essere più chiara ed evidente».

Sull'Ucraina l'Europa deve dire la sua?
«In questa battaglia di libertà l'Europa è stata compatta. Poi quello che succede sui tavoli di pace è sempre complicato nella storia dei popoli».

Ma gli Usa sono ancora i «migliori amici» del governo Meloni o no?
«Vedo troppe fantasie dette e scritte. I rapporti con gli Usa sono solidi almeno dalla Seconda guerra mondiale, per l'Italia e per l'Europa. La frenesia di Trump sembra negare la storia, ma lui si muove con la forza che gli hanno dato gli elettori, su un progetto chiaro. Non dobbiamo avere posizioni preconcette, bisogna usare la ragione e non limitarsi all'irritazione o alla sconfessione rispetto a quello che altri esprimono. Bisogna ragionare, non criminalizzare».

Cioè sottostare a Trump?
«No, fare politica, trattare, negoziare, attendendo di capire quali saranno davvero le sue richieste. L'Europa sa che dovrà trattare. Solo in Italia l'opposizione pensa di dover praticare o suggerire politiche che non pratica quando è in maggioranza...».

Quindi lei che cosa si aspetta dall'Europa?
«Basta leggere un europeista convinto come Draghi, che ha scritto una cosa molto vera: l'Europa in qualche modo i dazi se li è messa da sola, e ora per uscirne deve concentrarsi su problemi che si è creata essa stessa. Per esempio, l'automotive è uno dei temi che lasciano pochi dubbi, visto che è un settore in cui l'Europa è leader e ha i4 milioni di lavoratori coinvolti. Qualche riflessione, una presa di coscienza su un mondo che sta cambiando, sulla intelligenza artificiale, sulle nuove tecnologie, sulla ricerca, bisogna farla prima che sia troppo tardi».

(intervista di Paola Di Caro, Corriere della Sera)