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«Intesa quasi perfetta, la UE cambierà»

25 febbraio 2015

(intervista di Avvenire al Sottosegretario Gozi)


Fra Italia e Francia c'è «un'intesa quasi perfetta». È l'espressione, racconta al rientro da Parigi il sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi, «utilizzata alla fine del vertice dal primo ministro francese Manuel Valls, che è venuto verso di noi, dicendoci con un sorriso proprio così: fra i nostri due Paesi c'è un'intesa quasi perfetta»...

Perché quel «quasi»? Cosa manca al feeling fra Matteo Renzi e Francois Hollande?
Non manca nulla: il vertice è andato benissimo e la cooperazione è piena su tutti gli aspetti che sono stati affrontati. È un "quasi" che va inteso in senso positivo. Sta a dire che non possiamo adagiarci sugli allori, che occorre guardare avanti e puntare a obiettivi sempre più alti...

Ritiene possibile che quest'intesa «presque parfait» funga da base per una rinascita europea? E, se sì, su quali questioni?
Sin dalla nascita del governo Renzi, la sintonia fra Roma e Parigi è stata alta ed è cresciuta da quando nel palazzo di Matignon è arrivato Valls come primo ministro. C'è la comune volontà di "cambiare verso" all'Europa, mandando in soffitta gli sterili diktat sull'austerità per costruire insieme l'Europa della crescita e degli investimenti.

In concreto, su quali priorità spingerete?
Anzitutto, la rapida attuazione del piano di investimenti avanzato dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. E ancor prima, la mobilitazione immediata delle opportunità offerte dalla Banca europea per gli investimenti (Bei) e di quelle territoriali e regionali per le piccole e medie imprese. Solo così il piano Juncker potrà essere un "moltiplicatore" ...

Quando lei dice «rapida», cosa intende?
Intendo subito. Non dobbiamo aspettare per iniziare a identificare i nuovi progetti d'investimento: gli attori pubblici, le casse depositi e prestiti debbono programmare i fondi. E anche la Bei, per la parte di sua competenza, dovrebbe già mobilitarsi. Al tempo stesso, bisognerà adoperarsi affinché venga adottato a livello legislativo, al più tardi entro giugno, il piano Juncker. Sa, in definitiva, qual è il vero fil rouge che lega Francia e Italia?

Qual è?
È l'ambizione positiva di passare dall'Europa che moltiplicava i vincoli, rendendo più difficile ogni cosa - riforme, investimenti, creazione di posti di lavoro - a una nuova Ue che moltiplichi le opportunità, innescando meccanismi che amplifichino gli effetti delle riforme degli Stati membri, favorendo una politica degli investimenti non solo pubblici ma anche privati. La cooperazione fra la Confindustria italiana e quella francese fa parte di questa strategia...

Come faranno Italia e Francia a convincere la Germania o altri Stati nordeuropei, che non paiono sempre su questa lunghezza d'onda?
Il vocabolario della nuova Ue si è già tramutato in impegno politico nel piano Juncker. Ora bisogna spingere perché si tramuti in fatti.

Quel vocabolario cambierà anche in politica estera? Sulla crisi in Libia, intrecciata con la minaccia terroristica e col dramma dei migranti, la Ue saprà parlare a una voce sola?
Il tandem Renzi-Hollande ha permesso di tenere alta la questione libica nell'agenda europea. Ora occorre intensificare il dialogo politico nel Paese nordafricano, per tenere al tavolo le parti in causa e scongiurare l'espandersi della presenza dell'Is.

Dal vertice è emersa anche «piena sintonia» dei due governi su terrorismo e immigrazione...
E' così. I ministri dell'Interno Alfano e Cazeneuve hanno lavorato in sinergia, caldeggiando ad esempio lo sblocco della direttiva europea sui dati dei passeggeri dei voli aerei. E l'Italia ha incassato il sostegno francese a un ampliamento della missione Triton. Ora si tratta di lavorare sulla possibilità che i migranti vengano accolti nei porti dei Paesi vicini alla Libia, come Egitto e Tunisia, proponendo per loro un piano di incentivi mirati, che potrebbe favorire maggior cooperazione nelle politiche migratorie.
di Vincenzo R. Spagnolo

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