26 aprile 2023
Resoconto stenografico dell'intervento in Senato del Ministro Fitto sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza
Signor Presidente, quella odierna è un'occasione molto utile e positiva per fare un dibattito in Parlamento sullo stato di avanzamento dell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, rimettendo in ordine gli aspetti più salienti e importanti dell'impegno del nostro Governo, che, come noto, è partito il 23 ottobre 2022.
L'occasione odierna ci consente dunque di ricostruire i passaggi portati avanti dal nostro Governo, ma anche di svolgere alcune riflessioni che - lo dico già sin d'ora - saranno poi oggetto di un approfondimento dettagliato, nel mese di maggio, quando sarà presentata la relazione semestrale, che costituirà una fotografia molto ampia e molto più completa di quanto non possa essere un'informativa.
Partirò da un dato, che è stato oggetto di considerazioni in più circostanze, sulla scelta iniziale che il presidente del Consiglio Meloni ha messo in campo, allorquando ha individuato, nella composizione delle deleghe, la necessità - oserei dire l'obbligo - di mettere insieme le deleghe per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, con la costituzione di un Ministero ad hoc per affrontare la dimensione del Piano, con le deleghe relative alle politiche di coesione, che rappresentano un altro pezzo molto importante della programmazione europea in questa direzione. L'obiettivo è quello di avere un coordinamento tra le diverse risorse ed evitare che, nella scelta da mettere in campo, ci possa essere un rischio di sovrapposizione di diversi programmi d'intervento.
In questo contesto, penso sia molto utile richiamare la relazione che il Governo ha predisposto nei primi mesi di lavoro - lo farò molto rapidamente, perché è già stata oggetto di approfondimento in Parlamento, ma è essenziale come punto di riferimento - e che ha portato alla verifica dello stato di attuazione dell'utilizzo della programmazione per la coesione 2014-2020, allorquando si è delineato in modo abbastanza preoccupante il quadro di riferimento, che fa emergere un 34 per cento di spesa, a fronte di 126 miliardi di euro, dopo non sei anni, ma nove, visto che siamo a febbraio. Questo, per la parte europea, è ancor più preoccupante, visto che eravamo nella fase conclusiva della rendicontazione della programmazione 2014-2020, che sarà appunto quella del 31 dicembre di quest'anno.
È evidente che, in questo contesto, il Governo ha iniziato il suo lavoro per quanto riguarda il Piano nazionale di ripresa e resilienza sulla prima grande questione, che era quella del raggiungimento, poco dopo due mesi dall'atto dell'insediamento, dei 55 obiettivi utili per poter fare richiesta - e quindi ottenere - per il raggiungimento della terza rata, di 19 miliardi di euro. Al momento dell'insediamento il Governo ha trovato 25 obiettivi raggiunti. Sugli altri 30, nei due mesi successivi, c'è stato un lavoro molto intenso, con i Ministeri e con tutte le amministrazioni interessate all'attuazione e all'avvio del Piano nazionale di ripresa e resilienza, per trovare il modo di raggiungere questo risultato.
Il risultato è stato raggiunto al 31 dicembre: i 55 obiettivi sono stati inviati alla Commissione europea ed è iniziato un momento di confronto, così come regolarmente viene fatto con tutti i Governi nazionali che hanno la possibilità di gestire questi programmi, nel senso che il cosiddetto assessment riguarda una verifica della correttezza del raggiungimento degli obiettivi. Questa fase si è sviluppata nei mesi successivi e, nella fase finale, abbiamo immaginato anche, d'intesa con la Commissione europea, per alcuni obiettivi sui quali da qui a breve tornerò in modo specifico, di prendere un mese di tempo in più, per poter definire meglio, nel rapporto con la Commissione, il superamento di alcuni ostacoli e di alcune problematiche, per risolvere alcune questioni.
I diversi obiettivi, su cui è stata fatta una verifica, sono sostanzialmente raggiunti. Su tre in modo particolare si è concentrata l'attenzione della Commissione europea, per una diversa valutazione sui diversi obiettivi e sul loro raggiungimento.
Il primo è quello ormai noto alle cronache e relativo ai piani urbani integrati, cioè all'inserimento del piano urbano di Firenze con lo stadio «Artemio Franchi» e quello relativo al piano urbano di Venezia con il «Bosco dello sport», due interventi che sono stati oggetto di un confronto con la Commissione europea. È noto che ho avuto direttamente degli incontri con i sindaci di Firenze e di Venezia, nel corso dei quali abbiamo avuto l'occasione di approfondire e verificare tutta la documentazione, inviandola poi alla Commissione europea. In data 22 aprile 2022, con un decreto interministeriale del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero dell'interno, questi due interventi erano stati inseriti all'interno dei rispettivi piani urbani integrati e del decreto complessivo di approvazione dei citati piani.
Vorrei altresì sottolineare il fatto che anche nella relazione semestrale in Parlamento i piani urbani integrati, così come definiti dal provvedimento, erano stati considerati un obiettivo raggiunto. Sulla base di questo lavoro si è aperto un confronto con la Commissione europea, che si è concluso con la valutazione negativa da parte della Commissione stessa sulla possibilità di considerare questi due interventi finanziabili all'interno del PNRR con risorse europee.
In queste ore il Governo sta predisponendo i documenti per affrontare e risolvere la questione e quindi superare questa difficoltà, salvo restando che è evidente che si supererà d'intesa con la Commissione europea, restando il problema dei due singoli interventi, che non riguarderà più l'interlocuzione con la Commissione europea relativamente al raggiungimento dell'obiettivo, ma una dinamica collegata alla possibilità d'immaginare soluzioni condivisibili e alla modalità in cui realizzare la loro eventuale fase di attuazione.
Anche sul secondo punto, relativo alle concessioni portuali, con decreto del 14 ottobre del 2022, inviato e concluso il percorso al Consiglio di Stato il 25 ottobre 2022, sono state definite le linee guida. Si è aperto un confronto con la Commissione europea rispetto al quadro rafforzato e regolatorio, soprattutto relativamente al coinvolgimento dell'Autorità di regolazione dei trasporti. Si è svolto un lavoro di confronto con la Commissione e, in data 21 aprile 2023, è stato approvato il nuovo decreto ministeriale, d'intesa con il ministro Salvini, che ha superato le osservazioni e che noi riteniamo superi le complessità dell'obiettivo.
La terza criticità emersa è relativa alla promozione del teleriscaldamento efficiente. Con un bando pubblicato il 30 giugno 2022, sul quale la Commissione europea ha sollevato una serie di questioni relative all'inammissibilità di alcuni interventi, abbiamo definito un percorso con la Commissione stessa in base al quale il superamento - e quindi la non finanziabilità - di alcuni interventi sarà recuperato con la pubblicazione di un nuovo bando concordato.
Per quanto riguarda la rata del 31 dicembre 2022, si proseguirà in queste ore con l'invio di ulteriore documentazione in un confronto costante e propositivo con la Commissione europea per raggiungere quest'obiettivo che, com'è evidente, nelle prossime ore dovrà trovare una soluzione, anche perché si completa il mese individuato come ulteriore proroga.
A ciò aggiungo una seconda riflessione collegata alla valutazione più generale, relativa agli obiettivi raggiunti complessivamente al 31 dicembre 2022: 151 obiettivi, 132 milestone, 19 target, dai quali emergono in modo molto chiaro alcune criticità relative al ritardo della fase di avvio degli interventi, ai tempi di presentazione ed attuazione dei progetti, alla parcellizzazione degli interventi rispetto agli obiettivi e alla capacità amministrativa dei soggetti attuatori e, infine, a un dato altrettanto importante e rilevante, l'aumento del costo delle materie prime, che, com'è evidente, incide non poco su un programma che complessivamente arriva a 110 miliardi di euro in riferimento al numero delle opere pubbliche. È evidente che questo rappresenta una dimensione che, se riportata sulla questione dell'aumento del costo delle materie prime, è certamente uno dei temi che vanno affrontati con la massima attenzione.
In questo contesto si è inserita - perché è stata oggetto anche del dibattito a livello nazionale - la relazione della Corte dei conti, che ha indicato alcuni dati.
Mi piace sottolineare che tale relazione, presentata a marzo 2023, proietta e fotografa il periodo che va dall'avvio del programma fino al 31 dicembre 2022, nel quale è emersa una serie di criticità che trovano risposte - questo è un dato di fatto oggettivo per quanto ci riguarda e dirò anche perché - nel decreto che recentemente è stato varato dal Parlamento, nel quale il Governo ha affrontato complessivamente il tema della governance,sia relativamente al Piano nazionale di ripresa e resilienza, sia - per le ragioni che ho detto all'inizio del mio intervento - in relazione alla politica di coesione, insieme a una serie di norme e di interventi sul fronte della semplificazione.
Sono emersi in più circostanze critiche e rilievi sul fatto che il Governo, avendo messo mano alla governance, si è assunto la responsabilità di compiere un'azione dilatoria che ha portato a ritardi e perdite di tempo. A me piace però su questo rimanere nel merito delle questioni, perché il Governo è stato molto attento a evitare che ciò accadesse. Non è un caso che il decreto non abbia trovato una sua attuazione fino alla giornata odierna, perché - do questa notizia - stamattina, completato l'iter e pubblicato il decreto, presso la Presidenza del Consiglio è stato firmato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l'attuazione, nel quale si è previsto in modo specifico che l'eventuale nomina di qualsiasi figura dirigenziale potrà essere completata solamente quando le due figure dirigenziali - quella che attualmente c'è e quella che dovesse eventualmente subentrare - troveranno un punto di coincidenza.
Quindi non c'è e semplicemente non ci può essere per ragioni oggettive quello che da più parti ascolto come criticità, per il fatto che la fase di attuazione della nuova governance non c'è ancora stata e - lo ripeto - la firma odierna del DPCM va in questa direzione. Lo dico perché è un aspetto molto importante.
La stessa Corte dei conti aveva sollevato infatti alcune questioni molto rilevanti che mi piace sottolineare, perché sono state affrontate dal decreto-legge e trovano risposte adeguate proprio nel decreto che il Governo ha proposto e che il Parlamento ha convertito in legge nei giorni scorsi. Mi riferisco in modo particolare ad alcuni elementi che sono emersi anche dal confronto con le parti sociali e soprattutto con l'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI), quindi con i Comuni, con l'Unione delle province d'Italia (UPI), quindi con le Province e con le Regioni, dal quale emergeva in modo molto chiaro l'esigenza di dare una risposta alle criticità emerse dalla relazione della Corte dei conti.
Non è un caso che il tema del rafforzamento della capacità amministrativa dei soggetti attuatori trovi una risposta importante nel decreto-legge già varato e un altro pezzo di risposta altrettanto importante, richiesto da questi interlocutori, all'interno però del decreto n. 44, in via di conversione, il cosiddetto decreto pubblica amministrazione, del quale si occuperà in questi giorni il Parlamento.
A questo proposito, penso che sia fondamentale ricordare che la fase della nuova governance è molto importante perché, come abbiamo già avuto modo di dire, è stata condivisa con la Conferenza unificata, quindi con tutti gli attori istituzionali ai differenti livelli, visto che il decreto in quella circostanza ha ricevuto un parere positivo, e ha affrontato alcuni nodi che proprio la Corte dei conti aveva evidenziato in modo puntuale.
Anche in questo caso, parlare delle unità di missione e del loro smantellamento non corrisponde alla realtà dei fatti perché, alla luce del suggerimento e dell'indicazione della Corte dei conti e della richiesta dei sindacati in sede di cabina di regia - da dove si chiedeva con decisione il rafforzamento delle unità di missione - il Governo ha predisposto la stabilizzazione del personale a tempo determinato per rafforzare queste figure e, soprattutto, per consolidare nella loro azione le unità di missione presso i singoli Ministeri. Questo è un altro elemento centrale che ha rappresentato una scelta da parte del Governo.
In questo contesto, ci avviamo alla fase di confronto sulle questioni più importanti, collegate alla rimodulazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, legata sia ai temi del Repower, quindi alle decisioni assunte, con l'approvazione del regolamento Repower, da parte della Commissione europea, sia soprattutto ad un'altra questione fondamentale, quella sulla quale lavoriamo in corsa, che, proprio alla luce dell'esperienza di quanto poc'anzi citavo relativa al raggiungimento degli obiettivi e alle criticità al 31 dicembre del 2022, porta il Governo a invertire il meccanismo e ad affrontare per tempo le questioni collegate alle criticità degli obiettivi al 30 giugno, per poter avere con la Commissione europea non un confronto nella fase successiva al raggiungimento degli obiettivi, ma un confronto preventivo per capire e individuare oggettivamente come risolvere alcune questioni collegate all'attuazione del Piano.
In questo senso, sicuramente ci sono alcune criticità, però, anche su questo sinceramente non è il caso di costruire un allarmismo - come spesso si legge - perché è evidente che stiamo lavorando su alcuni aspetti collegati al raggiungimento dei 27 obiettivi e lo vogliamo fare soprattutto in riferimento ad alcuni elementi che vorrei citare puntualmente.
Farò tre esempi rispetto agli obiettivi del 30 giugno, perché sono calzanti e possono spiegare bene, cambiando il contesto e aumentando le criticità, l'esigenza di intervenire preventivamente non per rischiare di perdere gli interventi, ma per correggere alcuni obiettivi intermedi, con la finalità di mantenere il risultato e il raggiungimento dell'obiettivo finale, ossia il mantenimento della spesa di quel determinato obiettivo.
Mi riferisco in modo particolare al piano per gli asili nido e alle scuole dell'infanzia, nonché ai servizi di educazione per la prima infanzia, per i quali ci sono innanzi tutto due differenze, che ci accompagneranno anche nei prossimi mesi per avere un quadro chiaro, tra i cosiddetti progetti in essere, ossia i progetti esistenti prima dell'approvazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza che sono stati inseriti al suo interno e i nuovi progetti. È una differenza non di poco conto, che vorrei sottolineare, perché rappresenta e rappresenterà, anche dal punto di vista dell'attuazione, un elemento di riflessione molto importante, al quale aggiungo un altro elemento importante, che è una sorta di ricostruzione di questo aspetto, che serve a capire anche le criticità e il senso delle soluzioni che vogliamo immaginare nel confronto con la Commissione europea.
Il 22 marzo 2021 e il 2 dicembre del 2021 sono stati individuati, attraverso procedure di evidenza pubblica, gli interventi dei quali ci occupiamo, ed è evidente che il valore complessivo di 4,6 miliardi di euro, in questi tempi che ho individuato, ha portato ad accumulare un ritardo complessivo che rischia di mettere in discussione la possibilità per tutti gli interventi di avere affidati i lavori al giugno 2023. Cosa fa il Governo su questo? Discute e si confronta con la Commissione europea (verso l'alto) e fa lo stesso con l'ANCI (verso il basso), perché è evidente che non tutti gli interventi sono nella stessa situazione. Ci sono Comuni che hanno la capacità di realizzare gli interventi nei tempi adeguati - e che quindi sono dentro gli obiettivi, quindi nella scadenza data - e Comuni che invece non hanno tale capacità.
La proposta del Governo è di confrontarsi con la Commissione europea non con l'obiettivo di perdere gli interventi, come pure drammaticamente certe volte si legge, ma di capire quanti interventi non riescono a rispettare il target del 30 giugno 2023 - da qui il confronto con l'ANCI - per ragioni oggettive alle quali ho fatto riferimento e quali di questi interventi, non rispettando quel target, possono essere oggetto di un confronto con la Commissione europea non per far saltare l'intervento, ma per modificare gli obiettivi in scadenza al 30 giugno. Tale modifica immediata consentirebbe di garantire la realizzazione dell'intervento alla fine del programma. (Applausi). Questo è l'obiettivo che il Governo si propone.
Un secondo analogo esempio che vorrei fare, abbastanza semplice e di facile comprensione, è relativo alla sperimentazione dell'idrogeno per il trasporto stradale: semplicemente il numero delle domande è stato inferiore alla disponibilità finanziaria. Cosa si fa in questo caso? Di chi è la colpa? Ci si siede a un tavolo con la Commissione europea e si rimodula l'obiettivo. Non penso si possa dire che si tratti di un obiettivo che non raggiungiamo per responsabilità di qualcuno o per non so quale difficoltà oggettiva.
In terzo luogo, come ultimo esempio, vorrei citare il progetto di Cinecittà, che partiva con un dimensionamento molto importante. Senza entrare nel tecnicismo, si tratta di un progetto che, se non dovesse essere oggetto di una revisione - il ministro Sangiuliano sta lavorando su questo in modo molto propositivo - in termini complessivi di progetto e soprattutto di risoluzione di alcuni contenziosi che sono al suo interno, difficilmente potrebbe raggiungere il risultato.
Ho fatto questi tre esempi per dimostrare come tre questioni che vengono rappresentate all'esterno come esempi di una responsabilità drammatica sono e devono essere oggetto di una revisione costante in corso d'opera, perché l'intero programma - l'ho già detto in altre circostanze e lo voglio ribadire - dev'essere oggetto di una revisione costante per avere la capacità, modificando alcuni degli obiettivi in corsa, di raggiungere l'obiettivo finale.
Cosa diversa è, invece, l'elemento di riferimento rispetto al completamento dei progetti al giugno del 2026, sul quale tornerò successivamente. È altrettanto importante ribadire che questo lavoro relativamente agli obiettivi di giugno per noi non può essere limitato a quel traguardo, ma dev'essere complessivo per l'intero programma, perché, come abbiamo ricordato, il nostro Governo oggi non ha l'obiettivo e la prospettiva di dicembre o di giugno, ma deve inevitabilmente porsi come strategia quella del giugno del 2026, per poter operare, così come in fase di correzione in corsa in pochi giorni al 31 dicembre e con un anticipo invece di oltre due mesi in questa fase al 30 giugno, su tutti gli altri obiettivi che ci accompagneranno al giugno del 2026, per avere adesso il quadro di riferimento e per immaginare ora modifiche concordate con la Commissione europea che sono determinate da diversi fattori: quelli ai quali ho fatto riferimento prima, quello collegato all'aumento del costo delle materie prime e quello più semplicemente collegato al cambio di obiettivi strategici che abbiamo di fronte.
Come abbiamo ricordato in più circostanze - su questo penso che tutti possiamo essere assolutamente d'accordo - il Piano nazionale di ripresa e resilienza (dico una cosa ovvia, ma la voglio sottolineare) è stato immaginato prima dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia ed è evidente che oggi - lo dice lo stesso articolo 21 del regolamento - merita una revisione, di cui non ci stiamo occupando soltanto noi, ma tutti i Paesi destinatari delle risorse del Piano stesso.
In questo contesto, è molto importante anche immaginare un riferimento allo strumento di modifica principale, cioè il regolamento Repower EU, che la Commissione europea ha approvato nella fase di verifica del cambio degli obiettivi e delle strategie dopo lo scoppio della guerra. La Commissione ha quindi immaginato, con l'approvazione del Repower, un sistema per il quale i singoli Paesi membri possano preparare il loro programma, che diventerà un capitolo aggiuntivo, quindi andrà a modificare e a implementare il Piano nazionale di ripresa e resilienza per poter raggiungere alcuni degli obiettivi fondamentali che si trovano all'interno degli obiettivi del Repower, che quindi possono essere oggetto di scelta da parte dei singoli Paesi membri e che accompagneranno la fase di rimodulazione.
In questo contesto, è molto importante ricordare la dimensione finanziaria del Repower: il nostro Paese otterrebbe 2,7 miliardi di euro a fondo perduto come quota Emissions trading system (ETS) per le emissioni. A questo si aggiunge la possibilità di utilizzare fino al 7,5 per cento delle risorse di coesione - quindi torna con forza l'idea del coordinamento dei programmi di coesione e del Piano nazionale di ripresa e resilienza - per poter finanziare il Repower. La Commissione europea, quindi, mette insieme una strategia finalizzata alla visione comune di questi progetti.
Inoltre, l'altra parte importante sulla quale farò una considerazione rinviando al merito e al completamento di un lavoro che si sta facendo - e poi spiegherò perché - è relativa agli interventi che entro giugno del 2026 non saranno realizzati.
Penso sia indispensabile parlarne ora o vogliamo trovarci, ad ogni scadenza di obiettivo, con le difficoltà che stiamo affrontando per la rata del 31 dicembre 2022? Penso che sia indispensabile ragionare immediatamente per capire quali obiettivi correggere e quali di questi interventi non saranno raggiunti.
Per far questo il Governo ha messo in campo un'azione che parte da una scelta contenuta nel decreto-legge e che, nella sua fase di attuazione, trova un momento molto importante di confronto: lo dico perché sin dal primo momento abbiamo scelto di avere la cabina di regia come luogo di confronto costante. Qui non voglio fare polemica con nessuno, ma prendo atto del fatto che c'è una visione diversa rispetto al ruolo della cabina di regia. Non è un caso che, dall'ottobre del 2022 al mese di dicembre, abbiamo riunito per ben quattro volte la cabina di regia, l'abbiamo già riunita altre tre volte e - dato che è un luogo in cui può funzionare questo meccanismo del confronto - con il decreto-legge abbiamo scelto di non tagliare il cavo del partenariato, ma di rafforzarlo, se è vero com'è vero che, per esempio, proprio sul Repower abbiamo fatto una serie di incontri di cabine di regia con i Comuni, le Regioni e le Province per chiedere loro di avanzare proposte.
Abbiamo ottenuto un incontro a Palazzo Chigi - lo ha ottenuto il presidente Meloni - alla presenza di tutti i Ministri interessati con gli amministratori delle principali aziende di Stato (ENI, Enel, Snam e Terna) per poter avere con loro un confronto e recepire proposte concrete su tutti gli obiettivi da raggiungere all'interno del Repower, così come indicato dalla Commissione europea.
Abbiamo al tempo stesso messo in campo un confronto in cabina di regia, per la prima volta nel giorno di approvazione finale del decreto, non più con il grande tavolo di tutti i partecipanti; abbiamo deciso invece di dedicare un pomeriggio in cabina di regia, tenendo diversi incontri settoriali con tutte le organizzazioni di categoria, per avere da ognuna di loro proposte e un confronto. È un metodo che vogliamo continuare a portare avanti, perché riteniamo che sia utile per avere un confronto costante su quello che, appunto, è il più grande piano di investimenti nel nostro Paese dal dopoguerra ad oggi. È necessario mettere in campo quel confronto doveroso con tutti i soggetti che possono dare un contributo in questa direzione.
Il tema del capitolo Repower è molto rilevante, non solamente perché - come indicato - affronterà le questioni collegate ai grandi progetti, fondamentali per rafforzare l'autonomia strategica del nostro Paese in campo energetico, ma perché è un'occasione importante per realizzare progetti che abbiano una valenza non esclusivamente nazionale, bensì - come il Presidente del Consiglio ha ripetuto più volte - internazionale, immaginando l'Italia come una piattaforma naturale, all'interno del Mediterraneo, strategica rispetto a questa grande opportunità.
Al tempo stesso, troverà al suo interno un obiettivo fondamentale, quello di poter immaginare forme di incentivi per ridurre i consumi ed efficientare le soluzioni per famiglie e imprese. Anche questo è un tema molto importante che può rappresentare uno degli elementi di novità assoluta in questa direzione. Su questi aspetti il Governo sta avviando un confronto ed è chiaro che - così come per gli altri, anche per questo provvedimento - avremo il naturale luogo di confronto in Parlamento, quando sarà definito questo programma. Quando avremo una bozza complessiva, ci confronteremo con il Parlamento e avremo tutti i suggerimenti utili per poterlo eventualmente migliorare e per poter dare centralità al Parlamento all'interno del dibattito politico.
In questo contesto, è molto rilevante e utile cercare di cogliere gli aspetti relativi alla fase di riprogrammazione sugli interventi che sono stati e sono oggetto di discussione, cioè quelli che hanno le caratteristiche oggi di rischiare di non essere realizzati entro il mese di giugno del 2026.
Dobbiamo dirci con chiarezza - cosa che abbiamo già fatto ma penso che sia opportuno sottolinearlo - che il lavoro che il Governo sta mettendo in campo non è casuale. Con tutti i Ministeri e con tutti coloro i quali sono al lavoro nella fase di attuazione, stiamo verificando il livello di avanzamento, perché non manca molto al momento del completamento del programma: siamo a tre anni e due mesi dalla data entro la quale tutto l'intero programma dev'essere complessivamente realizzato con gli interventi finali. È evidente che oggi abbiamo la possibilità di comprendere quali di questi interventi non possono essere realizzati a quella data e capire come rimodularli, mentre tra qualche mese o tra un anno questo lavoro non potrà più essere fatto e rischieremo di trovarci in una situazione paradossale nella quale, non completando l'intervento, ci troveremo in difficoltà e in difetto rispetto al finanziamento europeo e all'impossibilità di fare cambiamenti perché l'intervento avrà una fase avanzata e quindi rischierà di aprire un grandissimo contenzioso.
Ragionare oggi, ora per allora, con questa modalità ci consente di ragionare - c'è un'altra proposta del Governo che sarà oggetto di confronto e rapidamente la spiegherò - con il completamento della valutazione di questi interventi, che sarà anch'esso oggetto di un confronto con il Parlamento: non è che il Governo modificherà il Piano nazionale di ripresa e resilienza senza aprire un confronto in tutte le direzioni e con il Parlamento - ci mancherebbe altro - ma lo farà soprattutto sulla base di un lavoro con i singoli Ministeri e con tutti gli enti attuatori del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Lo voglio dire in Parlamento in modo molto chiaro: evidentemente, di fronte a questo, ci sono enti attuatori che dovranno garantire, assumendosene la responsabilità, la realizzazione dell'intervento entro giugno 2026. A fronte di detta garanzia pubblica e ufficiale, il Governo si sentirà molto più tranquillo ed eviterà di trovarsi nella condizione, da qui a qualche tempo, di immaginare che tutto l'eventuale rischio di mancata realizzazione degli interventi venga scaricato sul Governo.
Oggi siamo in una fase in cui si può assolutamente intervenire - voglio dare un elemento di assoluta rassicurazione in questo senso - perché è previsto da regolamenti europei; si può immaginare di trovare la soluzione anche con il lavoro congiunto con le altre programmazioni disponibili, che sono quelle della coesione e del Fondo di sviluppo e coesione.
In questo contesto, quando terminerà la fase di verifica con tutti i singoli Ministeri e con le amministrazioni attuatrici e avremo un quadro chiaro, potremo portare in Parlamento questa dimensione e, com'è evidente, ci ritroveremo - da qui a breve, peraltro - con la prima relazione semestrale del nostro Governo sul Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Infatti, tra fine aprile e i primi di maggio scadrà il termine dei sei mesi e quindi nel mese di maggio il Governo presenterà una relazione semestrale con una valutazione molto complessiva e molto documentata, che avrà al suo interno tutta una serie di aspetti specifici che saranno una fotografia dettagliata della singola situazione all'interno degli obiettivi e delle misure, quindi complessivamente una base per costruire una dinamica di confronto anche rispetto alle criticità esistenti.
Vorrei concludere con una considerazione assolutamente positiva. Quello che stiamo mettendo in campo è un lavoro attento e certosino, che ha come obiettivo far emergere con chiarezza le difficoltà e i problemi esistenti, non per aprire un dibattito sui problemi - voglio essere molto chiaro su questo - ma per immaginare le soluzioni nei tempi previsti dai regolamenti europei. È questo l'approccio che il Governo vuole mettere in campo, perché è fin troppo evidente l'obiettivo che abbiamo: raggiungere il risultato della spesa dell'intero programma.
È altrettanto evidente che, nel voler raggiungere quest'obiettivo, è necessario - oserei dire fondamentale - in questo confronto con la Commissione europea e con l'intero sistema delle autonomie locali e degli enti attuatori, trovare e correggere oggi le criticità, per poter avere domani la soluzione dei problemi e un rapido avanzamento della spesa e soprattutto del percorso di riforme che accompagna l'intero Piano nazionale di ripresa e resilienza.
In questo contesto, da più parti viene richiamato un appello del presidente della Repubblica Mattarella, che il Governo fa suo; lo fa suo con l'obiettivo non solo di citarlo, ma con la consapevolezza e la convinzione di volerlo attuare, perché la cosa più complessa è l'attuazione di questo programma. Il Governo lo vuole fare in modo positivo e soprattutto con la consapevolezza della rilevanza della partita che ha di fronte; lo vuole fare anche spiegando che molte delle criticità stanno emergendo per essere risolte e per poter dare una soluzione. L'approccio che abbiamo messo in campo è questo.
Chiudo con un richiamo a quello che più volte è stato indicato come un ruolo centrale, quello del Parlamento (e ci mancherebbe altro). Ho avuto modo di partecipare diverse volte ai dibattiti in Commissione e in Parlamento. Il Governo non si chiamerà fuori dal confronto con il Parlamento, anzi ritiene che questo dibattito sia fondamentale e importante. Quindi, non solamente rispetto a tutti i passaggi che ho indicato, che saranno oggetto di un confronto parlamentare, ma anche laddove il Parlamento, nelle Commissioni e in Aula, dovesse ritenere necessario un approfondimento di merito sulla fase di avanzamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza, c'è la piena disponibilità del Governo a farlo nel merito, perché è il merito della questione quello che ci interessa e non solamente la contrapposizione.
L'augurio e l'auspicio è che si individuino il clima e l'approccio corretto per dare al nostro Paese l'attuazione piena di questo importante strumento. Questo è l'obiettivo del Governo e su questo noi lavoreremo con serietà e responsabilità.
(fonte: Senato)
PNRR , Piano nazionale di ripresa e resilienza